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E’
una delle parole che più attraggono
l'attenzione dei lettori di ogni età:
in secoli di storia il Graal sembra non
aver perso nulla della sua antica potenza.
Anzi. Oggi come non mai è al centro
di romanzi, saggi di ogni tipo, film e
fumetti. Ma cos'è veramente il
Graal? Le sue tracce storiche, come le
teorie, si perdono nel tempo e nella fantasia.
Il termine "graal" inizialmente,
in francese antico, deriva probabilmente
dal latino medievale “gradalis”
e significa calice, vaso, scodella o anche
catino. Secondo la tradizione, il Graal
è la coppa che Gesù Cristo
ha usato nell'ultima cena, la stessa che
ha poi raccolto il suo sangue dopo la
crocifissione.
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Proprio
il contatto con il sangue di Gesù, gli
avrebbe trasmesso dei grandi poteri così
come sarebbe accaduto alla lancia di Longino ed
alla Sacra Sindone.
La prima volta
Come però sia nato il vero mito del Graal,
questo ancora non si sa. Per certo conosciamo
solo l'occasione nella quale il termine è
stato usato. Era il 1190, infatti, quando morì
lo scrittore francese Chrétien de Troyes.
Il suo romanzo incompiuto, il “Perceval,
ou le conte du Graal”, citava per la prima
volta il Graal. Il giovane Perceval, dopo essere
diventato cavaliere alla corte di re Artù,
raggiunge il castello del Re Pescatore, dove accanto
alla tavola imbandita, vede sfilare dei ragazzi
con degli oggetti misteriosi: una lancia insanguinata,
due candelabri e il Graal, descritto come una
coppa d'oro purissimo incastonata con meravigliose
pietre preziose, al cui ingresso si diffonde un
gran chiarore. Sarà in seguito un'ostia
contenuta nel Graal a tenere in vita il Pescatore
ferito, e ad essere il suo unico sostentamento.
Una coppa o una pietra?
È nato così il mito immortale del
Graal, anche se è certo che non sia stato
Chrétien de Troyes ad inventarlo. Dopo
di lui comunque, anche altri hanno scritto della
mitica coppa, cambiando però talvolta la
sua natura. All'inizio del XIII secolo, il poeta
tedesco Wolfram von Eschenbach scrive “Parzival”,
un romanzo cortese come quello di Chrétien
ma con una sostanziale differenza: il Graal invece
di una coppa è una pietra magica, ed è
«fonte di ogni bene in terra». Questa
trasformazione ha fatto pensare ad un influenza
della cultura orientale piuttosto che di quella
celtica del precedente romanzo. Inoltre, la nuova
natura di pietra assunta dal Graal ha portato
a collegamenti ideali sia con la pietra filosofale
cara agli alchimisti che con la pietra che, secondo
una leggenda, ornava la corona di Lucifero e cadde
con lui dal cielo.
Da Giuseppe di Arimatea a re Artù
Dobbiamo a Robert de Boron, invece, il “Joseph
d'Arimathie. Le Roman de l'Estone don Graal”
composto intorno al 1202. Il Graal compare ora
come la coppa usata da Gesù nell'ultima
cena. Giuseppe di Arimatea, un mercante suo discepolo,
desiderando avere qualcosa appartenuta a Gesù,
da conservare come una reliquia, si sarebbe fatto
dare la coppa dove aveva bevuto il Messia dal
padrone della casa dove si era consumata l'ultima
cena. I Vangeli di Matteo, Marco e Luca, ci raccontano
che durante l'ultima cena Gesù prese il
pane, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli
insieme al vino del suo calice, dando inizio così
al sacramento dell'Eucarestia. Il giorno seguente,
di venerdì, Gesù fu crocifisso.
Deposto dalla croce, Giuseppe di Arimatea lo avvolse
nel lenzuolo che oggi è la Sacre Sindone,
e lo portò in una tomba nuova, che lui
stesso aveva fatto costruire. Secondo la leggenda
del Graal, durante la preparazione e il lavaggio
del corpo prima della sepoltura, Giuseppe vide
uscire delle gocce di sangue dal costato di Gesù,
proprio dalla ferita che il centurione Longino
aveva fatto con la sua lancia, e le raccolse nella
coppa servita pochi giorni prima per la consacrazione
dell'ultima cena. In seguito Giuseppe di Arimatea
partì dalla Palestina in direzione della
Britannia per fondare la prima chiesa cristiana,
portandosi dietro quello che oggi chiamiamo il
Santo Graal.
Versioni discordanti
La storia del Graal, però, non è
uguale per tutti. Secondo una parte della tradizione,
la mitica coppa restò per alcuni secoli
in Inghilterra, fino a quando, nel VI secolo,
si decise di trasferirla a Roma. Il sacerdote
incaricato di portarla, però, vista l'invasione
dei Longobardi, si fermò all'Isola Comacina.
Una chiesa costruita in onore del Santo Graal
ricorderebbe proprio l'aiuto dato dalla reliquia
alla resistenza dell'isola. Da lì il Graal
sarebbe stato portato in Val Codera, in uno dei
misteriosi luoghi che vengono citati come un suo
possibile nascondiglio. Un'altra visione della
storia, che unisce tradizione celtica e cristiana,
riporta che Gesù, che sarebcr stato in
passato con Giuseppe d'Arimetea in Cornovaglia,
avesse ricevuto da Merlino un druido converto
al cristianesimo, una coppa rituale, la stessa
che avrebbe portato con sé per l'ultima
cena. Dopo la sua morte, Giuseppe sarebbe tornato
in Inghilterra proprio per restituirla, accresciuta
dal potere dato dal sangue di Cristo. Il Graal
sarebre stato quindi consegnato al Re Pescatore,
parente sia di Giuseppe che di Parsifal. Quando,
tempo dopo, sulla Britannia si abbattè
la "wasteland", una maledizione sia
spirituale che materiale, causata da una ferita
inflitta al Re Pescatore con la lancia di Longino,
del Graal si perse ogni traccia. E’ a questo
punto che Merlino invita Artù a ritrovarlo
ad ogni costo, perché la sua grazia liberi
la Britannia dall'incubo. Parsifal, l'unico cavaliere
della Tavola Rotonda degno di trovare il Graal,
inizia la sua ricerca, arrivando più volte
vicino alla meta, fino a quando non riesce a prendere
quello che viene definito "il piatto nel
quale Gesù mangiò l'agnello con
i discepoli il giorno di Pasqua".
La nascita del mito nei paesi nordici
Prima di diventare un mito cristiano, quello del
Graal è stato, anche se in forme diverse,
un mito celtico. In Europa si raccontava di vasi,
caldaie e coppe dal grande potere, come il Calderone
dei Dagda, la "coppa della vita" della
civiltà celtica. Il Calderone di Gundestrup
può esserne un esempio. La storia del Re
Pescatore, di re Artù e ricerca del Graal
da parte dei dodici cavalieri della Tavola Rotonda,
è il risultato della fusione delle due
tradizioni quindi, cristiana e celtica, ed i cavalieri
che, come Lancillotto, falliscono la loro missione
scontano la propria impurità. Dall'Inghilterra
il mito si allarga all'Europa, fino ad arrivare
ai nostri giorni. Ma nel frattempo dov'è
il Graal? Secondo una fonte sarebbe stato portato
nel 540 in Medio Oriente dove sarebbe rimasto
nascosto per secoli, fino all'arrivo dei crociati.
Quando nei primi anni del Mille i cavalieri cristiani
arrivarono in Terra Santa, sentirono per certo
parlare del misterioso oggetto dai grandi poteri,
ormai patrimonio della tradizione esoterica locale.
Furono loro, con molta probabilità, a diffondere
di nuovo il mito in Europa una volta tornati in
patria. Se poi da quei luoghi lontani hanno riportato
solo il racconto o anche il vero Santo Graal,
questo non è dato saperlo.
Un forte valore simbolico
In ogni caso, non sarebbe corretto identificare
la coppa misteriosa solo con la preziosa reliquia
dell'ultima cena. Il Graal, infatti, ha anche
un forte valore simbolico ed esoterico. Per gli
alchimisti sarebbe uno strumento di conoscenza
e di evoluzione spirituale. Secondo Julius Evola,
ad esempio, il Graal sarebbe al centro di un rito
iniziatico pagano al quale, nel medioevo, la Chiesa
si sarebbe opposta. Per René-Guenon il
Graal sarebbe giunto nella cristianità
provenendo dalla tradizione iniziatica dei druidi
e rappresenterebbe il centro del monde esoterico,
simbolo della religione primordiale proveniente
dal mondo sotterraneo di Agarthi. Più "modernamente",
Adolf Hitler lo considerava uno strumento per
conquistare il mondo mentre per il grande psicanalista
Cari Jung sarebbe in realtà un archetipo
dell'inconscio.
Cercando il Graal
Ma dove si troverebbe veramente il Graal? Fa veramente
parte del misterioso tesoro dei Cavalieri Templari?
Secondo il racconto di un pellegrino inglese del
VII secolo, sarebbe custodito in Terra Santa,
in una cappella vicino Gerusalemme. Un'altra fonte
parla invece del Graal come del piatto dell'ultima
cena conservato oggi nella Cattedrale di San Lorenzo
a Genova. Si tratta del Sacro Catino, una coppa
esagonale in vetro verde che la tradizione vuole
sia stata intagliata in uno smeraldo. I genovesi
la portarono in patria come trofeo dopo aver conquistato
la città di Cesarea, in Palestina, nel
1102. Portata a Parigi da Napoleone Bonaparte,
fu riportata in Italia con degli evidenti danni.
Restando in Italia, il Graal potrebbe essere custodito
a Bari, dove è riportato su un bassorilievo
della cattedrale, e a Torino, indicato con gli
occhi da una statua della Chiesa della Gran Madre.
Il Graal è stato identificato anche nel
Santo Calice, una coppa di agata montata su una
base medievale in oro, perle e pietre preziose,
che si trova nella cattedrale di Valencia. Secondo
la leggenda sarebbe stato portato a Roma da San
Pietro e da lì il diacono Lorenzo l'avrebbe
portata nella città spagnola. Un'altra
versione della storia chiama in causa i cavalieri
Teutonici, nati nel 1190, che avrebbero affidato
il Graal, ricevuto a loro volta dai mistici Sufi,
all'imperatore Federico II perché lo salvasse
durante le crociate. Questo spiegherebbe l'edificazione
dell'enigmatico edificio di Castel del Monte fatto
costruire dall'Imperatore, la cui vera funzione
resta ancora oggi misteriosa.
In Europa e oltre oceano
Un altro nascondiglio del Graal potrebbe essere
il Castello di Gisors, in Francia, dove l'avrebbero
portato i Templari, custodi della preziosa reliquia
dalla fine del XII secolo, da quando l'avrebbero
ricevuto dalla "setta degli assassini",
gli adoratori di Bafometto, che per alcuni non
era altro che il Graal. Sempre in Francia, ci
sono altri due posti nei quali si parla del Graal:
il Castello di Montsegur, ulama preziosa roccaforte
dei Catari, e la chiesetta di Rennes le Chateau,
famosa per le vicende che hanno avuto come protagonista
l'abate Saunière. Tornando in Gran Bretagna,
come nascondiglio segreto del Graal si ipotizza
la cappella di Rosslyn, in Scozia, stranamente
piena di riferimenti templari pur essendo stata
edificata dopo lo scioglimento dell'ordine. Più
a sud, invece, a Glastonbury, nel Somerset, in
quella che viene indicata come la leggendaria
Avalon e dove nel 1191, durante la terza crociata,
sono state scoperte le tombe della regina Ginevra
e di re Artù, si trova il Chalice Well,
il pozzo nel quale, secondo la tradizione, Giuseppe
di Arimatea avrebbe gettato il Graal. Una leggenda
alimentata anche dallo strano sapore metallico
dell'acqua del posto. Il mito del Graal ha varcato
anche l'oceano, arrivando a Oak Island negli Stati
Uniti, dove sarebbe nascosto sul fondo di un pozzo
canadese, un vero mistero che ha appassionato
ricercatori da tutto il mondo ma che ancora non
sembra voler svelare i suoi segreti. Proprio come
il vero Santo Graal.
"Sang Real".. Santo Graal
Per la maggior parte degli appassionati il Graal
è da ricercare nei luoghi più disparati
della Terra. Non solo. Per molti non sarebbe ancora
chiaro neanche il suo vero aspetto. Si va infatti
dalla coppa e da un catino, ad una pietra caduta
dal cielo, dall'Arca dell'Alleanza ad un misterioso
libro scritto da Gesù, dalla Sacra Sindone
di Torino alla pietra centrale della corona di
Lucifero. Tre scrittori popolari inglesi, Henry
Lincoln, Richard Leigh e Michael Baigent nel loro
“The Holi Blood and the Holy Grail”
del 1982, hanno ipotizzato un'ulteriore versione.
Secondo loro, infatti, i Graal non sarebbe un
oggetto materiale, ma la linea di sangue dei discendenti
di Gesù Cristo. In sintesi, affermano che
Gesù avrebbe lasciato la Palestina con
Maria Maddalena e che da lei avrebbe avuto dei
figli, dai quali avrebbe poi avuto origine, in
Francia, la dinastia reale dei Merovingi. Il Graal,
quindi, sarebbe stata la stessa Maddalena, vero
"contenitore" del sangue di Cristo.
Un "sang real", sangue reale, che continuerebbe
a scorrere anche oggi nelle vene dei misteriosi
discendenti di Gesù, sotto protezione del
fantomatico Priorato di Sion. Una teoria, questa,
che oltre a numerose critiche ha dato vita anche
al romanzo di Dan Brown, il codice da Vinci, successo
letterario senza precedenti.
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