Piazza Navona, la più bella piazza
barocca di Roma, occupa la pista dell'antico "Stadio di Domiziano", o
"Circus Agonalis", del quale ha conservato perfettamente la forma
rettangolare allungata dell'arena, con uno dei lati minori (quello
settentrionale) curvo, mentre gli edifici circostanti occupano il luogo
delle gradinate della cavea. Lo
Stadio fu fatto costruire da Domiziano forse già prima dell'86 d.C. per
servire ai giochi atletici greci da lui particolarmente apprezzati, ma
che i Romani non amavano, considerandoli immorali.
L'edificio (nella foto 1 i resti che si possono ancora ammirare da piazza di Tor Sanguigna e nella foto 2
dall'interno dello Stadio) misurava 275 metri in lunghezza per 106 di
larghezza. Due ingressi principali si aprivano al centro dei lati
lunghi, mentre un altro era al centro del lato curvo. Esternamente la
facciata era costituita da due ordini di arcate poggianti su pilastri di
travertino con semicolonne ioniche nel primo ordine e corinzie nel
secondo. Da un calcolo effettuato sulla lunghezza dei gradini si è
potuta ricostruire la cifra degli spettatori in circa 30.000. Il livello
attuale della piazza è sopraelevato di circa 6 metri rispetto a quello
originario. I giochi sopra ricordati erano denominati "agones" ed il
toponimo della piazza deriva proprio da questo termine, per corruzione:
da "agone" divenne "in agone", "innagone", "navone" e quindi "Navona".
Intorno all'anno Mille lo Stadio era ancora interamente chiuso, con una
sola via che correva lungo le attuali vie di Pasquino
e dei Canestrari, mentre la piazza si presentava divisa in piccoli
orticelli con qualche casupola e la piccola, primitiva, chiesa di
S.Agnese. La vita della piazza iniziò, però, solo nella seconda metà del
XV secolo, allorché venne qui trasferito il mercato che da parecchi
anni si teneva sulla piazza del Mercato, divenendo un punto fisso di vendita di ortaggi,
carni e merci varie. Luogo di mercato e d'incontro, la piazza divenne
anche il luogo delle feste e delle processioni, tanto più che era stata
regolarizzata e "mattonata" nel 1485 (anche se la vera e propria
selciatura avverrà soltanto nel 1488). Gli spagnoli, insediati nella
chiesa di S.Giacomo,
introdussero, nel 1579, la tradizione della processione del mattino di
Pasqua con lo sparo dei mortaretti; qui si rinnovarono quelle feste
carnevalesche del Maggio romanesco che in passato si svolsero al Monte Testaccio, al Corso
ed in altri luoghi della città. Essenziale fu, per il miglioramento e
l'ornamento della piazza, l'impresa di Gregorio XIII Boncompagni
(1572-85), che fece portare ben tre fontane, compreso un abbeveratoio,
al servizio del mercato e degli animali da trasporto che vi affluivano.
Ma la sorte più benigna per il destino della piazza venne decisa nel
1630, quando il cardinale Giovanni Battista Pamphilj, poi divenuto papa
nel 1644 con il nome di Innocenzo X, fece costruire un edificio in forme
tardo cinquecentesche sull'area di alcune case già di proprietà della
sua famiglia. L'imponente palazzo Pamphilj (nella foto 3)
fu costruito da Girolamo Rainaldi ed è costituito da un corpo centrale,
scandito da paraste e arcature cieche, con un balcone centrale al piano
nobile, retto da quattro colonne, sovrastante il portale ad arco
bugnato. Al primo piano vi sono finestre con timpano centinato
e triangolare alternato, al secondo finestre con cimasa decorata da
conchiglia e sovrastate dalle finestrelle dell'ammezzato con il grande
stemma dei Pamphilj al centro, costituito da tre gigli sopra una colomba
con un ramo di ulivo nel becco. Sopra il cornicione di coronamento vi è
una grandiosa loggia con tre arcate e due finestre. Ai lati del corpo
centrale sorgono due edifici uguali di tre piani ciascuno, con due
portali incorniciati e sovrastati da un balconcino. Qui risiedette uno
dei personaggi più famosi di Roma, Donna Olimpia Maidalchini Pamphilj,
soprannominata da Pasquino
la "Pimpaccia di piazza Navona", dal personaggio di una commedia
seicentesca della Roma Barocca, "Pimpa", perchè come questa dispotica e
furba, presuntuosa e spregiudicata. Viterbese di nascita, venne ad
abitare nel palazzo di piazza Navona dopo essersi sposata con Pamphilio
Pamphilj; rimasta vedova, accumulò tante ricchezze da divenire la
padrona di Roma, soprattutto dopo che il cognato Giovanni Battista
divenne papa col nome di Innocenzo X. Mirabili affreschi di Pietro da
Cortona, una galleria del Borromini ed altre pregevoli opere d'arte
adornano le belle sale del palazzo, dal 1961 sede dell'Ambasciata del
Brasile. Nel 1647 Innocenzo X progettò una più degna sistemazione della
piazza con la costruzione di una fontana al centro, in sostituzione
della semplice vasca quadrilatera che fungeva da "beveratore delli
cavalli". Per questo motivo il pontefice fece condurre nella piazza circa 150-180 once di acqua dal condotto dell'Acqua Vergine,
a conferma della grande importanza che Innocenzo X dava all'opera.
Inizialmente il progetto fu affidato al Borromini, ma Gian Lorenzo
Bernini, allora in disgrazia presso il papa, o meglio, presso Donna
Olimpia, riuscì a riguadagnare il favore della potente donna ed a
soppiantare il rivale con uno stratagemma: fece pervenire ad Olimpia (e
quindi al papa) un modellino d'argento della fontana. Il pontefice,
vedendo "per caso" il modellino, ne rimase entusiasta e trasmise
l'ordine al Bernini. Secondo fonti dell'epoca, il modello piacque perché
era fuso in argento e, soprattutto, perché fu lasciato in regalo
all'avida "Pimpaccia". La presenza dell'obelisco sulla fontana fu
richiesta espressamente dal papa, dopo che questi si recò in visita a S.Sebastiano il 27 aprile del 1647 e lì, presso il Circo di Massenzio,
vide "per terra un obelisco grandissimo". Le iscrizioni in geroglifico,
sulle quali appare il nome di Domiziano, provano che originariamente
l'obelisco era situato presso il "Tempio di Iside" e soltanto successivamente trasferito da Massenzio nel suo Circo. L'obelisco Agonale (nella foto 4),
di granito e alto 16,54 metri, fu innalzato il 12 agosto 1649 sopra un
alto basamento affinché apparisse ancora più elevato, al di sopra dello
scoglio. La Fontana dei Fiumi, inaugurata nel 1651 e realizzata grazie
ai proventi di tasse su pane, vino e analoghi generi di consumo, risulta
senza dubbio uno dei monumenti più
belli e famosi della Roma barocca e rappresenta i quattro grandi fiumi
allora conosciuti, il Gange, il Nilo, il Danubio ed il Rio della Plata.
Quattro statue di marmo bianco (nella foto 5),
alte cinque metri, situate su masse sporgenti di travertino attorno al
monolite, rappresentano i quattro fiumi: il Nilo, opera di G.A.Fancelli,
presenta la singolarità di avere la testa velata perché le sue sorgenti
erano allora sconosciute, anche se per il popolo, invece, esprimeva il
disprezzo del Bernini per la vicina chiesa di S.Agnese in Agone,
progettata dal suo rivale Borromini, come anche il braccio alzato a
protezione della testa del Rio della Plata, opera di Francesco Baratta,
esprimeva il timore ironico dell'artista che la chiesa potesse crollare.
Tali dicerie sono però destituite da ogni fondamento perché Bernini
completò la fontana prima che Borromini iniziasse la chiesa. Infine, il
Gange è opera di Claude Poussin mentre il Danubio è di Antonio Raggi. Lo
stemma araldico della famiglia papale, la colomba con il ramo d'olivo,
decora la roccia piramidale dell'obelisco e simboleggia il potere divino
che scende come raggio solare lungo i quattro angoli dell'obelisco fino
alla roccia, che ricorda la materia informe, il caos. Secondo
l'iscrizione voluta da Innocenzo X, il
monumento intende magnificamente offrire "salubre amenità a chi
passeggia, bevanda a chi ha sete, esca a chi medita". La chiesa di
S.Agnese in Agone (nella foto 6) è
fondata, si dice, sul luogo in cui, nell'anno 304 d.C., fu martirizzata
la giovane Agnese, rea di avere rifiutato il figlio del prefetto di Roma
e quindi denunciata come cristiana. Venne denudata ed i suoi capelli,
allora, ebbero una crescita miracolosa e scesero a coprirle interamente
il corpo. Nessuno osò più violare la sua verginità dopo che l'unico che
ci provò cadde fulminato ai suoi piedi; gettata nel fuoco, questo si
spense dopo le sue orazioni e fu così che venne trafitta da un colpo di
spada alla gola, allo stesso modo con cui si uccidevano gli agnelli. La
struttura più antica della chiesa risale all'VIII secolo: più volte
ricostruita, nel 1652 fu sostituita dalla maestosa chiesa, che ancora
oggi possiamo ammirare, per volontà di papa Innocenzo X Pamphilj, il
quale affidò l'opera a Girolamo e Carlo Rainaldi, sostituiti, in
seguito, dal Borromini, che vi lavorò dal 1653 al 1657. Questi si
attenne quasi completamente al progetto dei Rainaldi, salvo che per la
facciata concava, studiata per dare maggiore risalto alla cupola. Come
risposta alle statue della Fontana dei Fiumi, il popolo attribuì alla
statua di S.Agnese, collocata sulla facciata e raffigurata con una mano
sul petto, la volontà di rassicurare la statua del Rio della Plata circa
la stabilità della chiesa. Nell'interno, a croce greca, vi è la tomba dell'artefice
della bellezza della piazza, Innocenzo X, situata, insieme ad altri
membri della famiglia, in una cripta a sinistra dell'altare maggiore;
inoltre, seminascosto sopra l'ingresso, è situato il "Monumento di
Innocenzo X", opera di G.B.Maini nel 1730, busto che, si dice, benedice
chi non lo vede perchè ben pochi sono coloro che si voltano per ammirare
il busto del pontefice. Nella chiesa si conserva anche la testa di
S.Agnese, donata da Pio X nel 1908 e deposta nel reliquario donato alla
chiesa dal cardinal Rampolla. Le altre due fontane che ornano piazza
Navona sono la Fontana del Moro e la Fontana del Nettuno, entrambe opere
di Jacopo Della Porta. La Fontana del Moro (nella foto 7),
posta sul lato meridionale sotto le finestre di palazzo Pamphilj, fu
realizzata nel 1574 sotto il pontificato di Gregorio XIII Boncompagni ed
originariamente era posta su un basamento con due scalini in
travertino, circondata da una balaustrata in travertino (alta circa 35
cm) e da 12 colonnine "per defendere et salvare dette opere dalla
carrette e cocchi, che potrebbero mandarla a ruina". La vasca, di dura pietra
mischia, fu ornata di mostri marini e alternativamente da un drago e
un'aquila (stemmi araldici della famiglia Boncompagni) e, agli angoli,
da quattro tritoni con la buccina, alternati da mascheroni (anche se
originariamente i tritoni erano stati ordinati per la fontana del Trullo, allora situata in piazza del Popolo).
Il centro della vasca infine era ornato con un modesto gruppo di
scogli, al di sopra dei quali zampillava l'acqua. Nel 1652 Innocenzo X
ordinò al Bernini di restaurare la fontana e fu così che l'artista vi
appose un piccolo gruppo costituito da tre delfini che sorreggevano
nell'alto una lumaca dalla quale schizzava un getto d'acqua. Il gruppo,
denominato la Lumaca, fu l'unico mutamento che il Bernini apportò alla
fontana, in sostituzione dell'originario gruppetto di scogli e per
questo motivo la fontana venne chiamata "della Lumaca". La figura non
piacque né ai Pamphilj né al popolo e perciò fu sostituita nel 1655 con
il Moro, ovvero la statua in marmo dell'Etiope in lotta con un delfino
scolpita da Giovan Antonio Mari nella casa stessa del Bernini: in realtà
la statua rappresenta un muscoloso tritone che trattiene a viva forza
un delfino che tenta di sottrarsi alla stretta sfuggendogli
tra le gambe. Solo successivamente il Bernini eliminò gradini e
balaustrata dalla fontana ed allargò attorno alla vasca una bella
piscina a livello del suolo. Sull'altro lato della piazza vi è la
Fontana del Nettuno (nella foto 8),
anticamente detta "dei Calderari" per la presenza nella zona di
botteghe di fabbricanti di catini e vasi di rame. Realizzata dal Della
Porta nel 1574 questa fontana, non avendo una Donna Olimpia che la
proteggesse, rimase a lungo abbandonata, priva di decorazioni fino al
1873, quando il Comune di Roma, dopo un bando di concorso, assegnò
l'opera al siciliano Zappalà ed al romano Della Bitta, il primo autore
dei gruppi costituiti da cavalli marini guidati da fanciulli, da sirene
in lotta con mostri marini e da putti alati che giocano con i delfini,
mentre il secondo fu l'autore della figura centrale rappresentante
Nettuno con il tridente che si difende da una piovra avvinghiata alle
gambe. Una grande manifestazione che rese famosa piazza Navona fu
inaugurata il 23 giugno 1652 da (neanche a dirlo) papa Innocenzo X e da
sua cognata: furono chiusi gli scarichi delle tre fontane, lasciando
così debordare l'acqua fino a coprire la parte centrale della piazza,
che era concava. Nobili e poveracci vi si divertivano: i primi,
attraversando la piazza a cavallo o in carrozza, i secondi sguazzandoci
sopra oppure spingendo in acqua i carretti a mano. Il "Lago di piazza
Navona" (nella foto 9) divenne una
consuetudine estiva e per quasi due secoli, il sabato e la domenica del
mese di agosto, la piazza si allagava, finché, nel 1866, sotto Pio IX,
il divertimento venne sospeso. Dopo il 1870, con Roma capitale d'Italia,
piazza Navona venne pavimentata con i "sampietrini", ma soprattutto
venne costruito il marciapiede centrale a schiena d'asino: ciò significa
che la piazza divenne convessa anziché concava, rendendo impossibile,
quindi, un eventuale ripristino del "lago". Ciò non tolse
definitivamente, però, l'animazione alla piazza, che, pur se acquistando
un carattere ludico-fieristico, rinasce, durante il periodo natalizio,
con la festa dell'Epifania: in questa occasione la piazza si riempie di
bancarelle, giocattoli, "Befane" e "Babbi Natale", quasi a non voler
abbandonare il gioco e l'allegria che per secoli l'hanno accompagnata.
Fonte :http://www.romasegreta.it/parione/piazza-navona.html
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